Name: "Orange Road", un classico dell’adolescenza millennial
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"Orange Road", un classico dell’adolescenza millennial

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Il primo amore non si scorda mai, si dice, e questo vale anche quando è rivolto a un personaggio di finzione. Ecco perché molti ultraquarantenni di oggi, che erano ragazzini alla fine degli anni Ottanta, non hanno mai dimenticato Sabrina, la bella ragazza che suona il sax, pesta i teppisti e si contende con Tinetta il cuore del protagonista di È quasi magia Johnny, anime tratto dal manga Orange Road.
Scritto e disegnato da Izumi Matsumoto e pubblicato sulla rivista Weekly Shonen Jump di Shueisha dal 26 marzo 1984 fino all’ottobre del 1987, il manga presentò con ironia al pubblico Millennial la serie il meccanismo del triangolo amoroso e soprattutto seppe raccontare, forse meglio di altre, le gioie e i dolori delle cotte adolescenziali.
Kyosuke Kasuga ha quindici anni e si è appena trasferito in una cittadina di provincia. La sua famiglia trasloca spesso, perché ha un segreto difficile da mantenere con il vicinato: come le sorelle minori Manami e Kurumi, il ragazzo è un esper. Può spostare gli oggetti con la forza del pensiero, teletrasportarsi e persino viaggiare nel tempo e in altri universi paralleli. Durante una passeggiata solitaria nel quartiere, il ragazzo incontra una bella coetanea che gli regala un cappello di paglia rosso. A scuola, scopre poi che la ragazza è una sua compagna di classe, si chiama Madoka e ha la fama di teppista dal carattere difficile.&nbsp;
Nel frattempo, senza volerlo, Kyosuke fa colpo su un’amica di Madoka, la graziosa e vivace Hikaru, che prende a trattarlo come il suo fidanzato. Sempre più attratto da Madoka ma incapace di rinunciare alle attenzioni di Hikaru, Kyosuke farà di tutto pur di non deludere nessuna delle due e rimandare il più possibile il momento della scelta.
In Orange Road non c’è una vera e propria trama orizzontale. Certo, i protagonisti festeggiano il loro compleanno e passano dalle medie alle superiori, eppure non attraversano una vera e propria maturazione caratteriale. Le gag concitate messe in atto da Kyosuke si inquadrano in una perenne sospensione narrativa, che rispecchia la proverbiale indecisione del protagonista ma che è anche una fotografia veritiera di un’età in cui non ci si affretta a prendere quello che si desidera, perché si ha la sensazione di avere tutto il tempo del mondo.
Nessuno dei personaggi di Orange Road, del resto, ha l’ansia del futuro. Forse anche perché la quotidianità dei ragazzi, che si divide tra le lezioni, le uscite scolastiche, le gite fuori porta con gli amici, le passeggiate per negozi, il lavoro part-time in caffetteria, non è mai condizionata dagli adulti, che sono provvidenzialmente assenti o fin troppo complici nel lasciare campo libero. Il racconto si concentra solo e soltanto sulla prospettiva dei personaggi più giovani. O, meglio, del protagonista Kyosuke.
Quando si mise al lavoro su Orange Road, Matsumoto era praticamente un esordiente che aveva all’attivo solo qualche manga one-shot. Di fronte alla prospettiva di una serializzazione lunga, scelse intelligentemente di conferire al suo shonen romantico una caratteristica che lo distinguesse dagli altri. Optò per un elemento sci-fi particolarmente in voga all’epoca, un protagonista con poteri telecinetici.&nbsp;
Eppure Kyosuke non appare mai come un eroe dalle doti straordinarie, anzi, è il perfetto ritratto dell’adolescente medio. Non è né brutto né particolarmente bello, non è una cima nello studio. Cerca di mimetizzarsi il più possibile tra i coetanei nascondendo i suoi poteri come se fossero una “tara” familiare imbarazzante. Poteri cui del resto Kyosuke ricorre molto di rado, a differenza di altri parenti – il cuginetto Kazuya, la cugina Akane e il nonno paterno – che li usano soprattutto per fargli dispetto.
Kyosuke è un adolescente medio poi nel modo impacciato di porsi con le ragazze, viste come creature misteriose e imperscrutabili, di cui è impossibile decifrare i pensieri e prevedere le azioni. Il fatto stesso che gli prestino attenzione gli appare una sorta di fortuna che non dipende dalle sue azioni, una condizione benedetta che è necessario conservare il più possibile così com’è. Da qui la perenne indecisione e l’ostinazione nel non prendere una posizione.
Anche nel modo maldestro di vivere le tempeste ormonali, Kyosuke non si discosta molto da un adolescente reale e dai cliché dello shonen sentimentale: fa il perbenista con i compagni di classe alle prese con le riviste osé, arrossisce se intravede una mutandina ma non si gira certo dall’altra parte, tende spesso a cadere addosso a Hikaru assumendo posizioni equivoche. Con il proseguire della serie, guadagna sempre più spesso il rimprovero di essere un “porco” e tende ad abbandonarsi a fantasie tanto spinte quanto improbabili in cui Madoka gli appare sfacciata, smaliziata e pronta a ogni sorta di proposta indecente.
Questo ritratto onesto, impietoso ma tutto sommato affettuoso di un ragazzo che prova a fare il figo, non ci riesce per niente ma alla fine piace lo stesso è uno specchio nel quale il pubblico maschile adolescente può facilmente identificarsi. E dal quale può trarre speranza e conforto: la vicenda travagliata di Kyosuke che si conclude con un lieto fine dimostra infatti che si può essere amati per quel che si è, anche in un’età in cui nemmeno tu sai bene chi sei e che cosa diventerai.
Orange Road è in fondo, nelle intenzioni di Matsumoto, una fiaba divertente e romantica a misura dei suoi lettori. Eppure, a rileggerla oggi con una sensibilità differente, mostra un suo lato oscuro.
L’innamoramento è un processo per cui vediamo nella persona che ci piace quasi solo quello che vogliamo vedere. Così, in Orange Road, Madoka e Hikaru più che personaggi a tutto tondo sono soprattutto proiezioni dei desideri di Kyosuke e di chiunque si identifichi in lui.
Madoka, per ammissione dello stesso Matsumoto, è la ragazza dei suoi sogni. Il suo aspetto si ispira a due star dell’epoca, la cantante giapponese Akina Nakamori e l’attrice americana Phoebe Cates. Sembra più grande della sua età e questo la rende più attraente e sensuale. Ostenta dei modi da sukeban, ossia da teppista, e la freddezza di chi è sempre padrona di sé e della situazione. È talentuosa su ogni fronte, dallo studio alle discipline sportive alla musica – in più di qualche episodio mostra di avere la stoffa da idol. Eppure lascia intravedere un lato gentile e fragile, il bisogno di essere protetta, oltre a una certa propensione alla cura che è considerata una virtù femminile per eccellenza.
Dall’altra parte c’è Hikaru, carina, affettuosa e vivace, che ha tutte le carte in regola per piacere (e infatti ha ben due corteggiatori) e che soprattutto si prodiga per fare tutto quello che potrebbe piacere a Kyosuke, per diventare come lui la vorrebbe. Questa malleabilità rispetto ai desideri dell’altro è sia una forza che una debolezza: è quel che rende il rapporto con Hikaru una nutrimento indispensabile per l’autostima di Kyosuke, ma non la fa mai emancipare a vero interesse amoroso in senso adulto, ossia sensuale.
Con il proseguire degli episodi, Matsumoto accentua attraverso il disegno la polarizzazione tra le due eroine: Hikaru resta graziosa, Madoka appare sempre più sexy; la prima attira soltanto un affetto quasi fraterno, la seconda è sempre più smaccatamente oggetto di fantasie sessuali. Ad amplificare questo appiattimento, c’è lo scarso sviluppo deI loro rapporto di amicizia, sul quale pure ci sarebbe molto da dire – Madoka si arroga il ruolo di sorella maggiore di Hikaru, ma di fatto è complice dei raggiri con cui Kyosuke la illude, e nonostante questo lei continua a volerle bene fino alla fine, senza mostrare un briciolo di gelosia o rancore.
A Madoka e Hikaru si affiancano altre eroine, tutte graziose, tutte attraenti per motivi diversi: le sorelle gemelle di Kyosuke, la cugina Akane (cui piacciono le ragazze in generale, e Madoka in particolare), la bionda Sayuri, che colleziona corteggiatori fingendosi ingenua. Tutte loro, almeno una volta, se non ciclicamente, sono oggetto di attenzioni più o meno fastidiose e sgradevoli da parte di ragazzi. Tutto si risolve con ironia, perché le ragazze sanno difendersi da sole o sono salvate dall’intervento “magico” di Kyosuke. 
La quotidianità delle ragazze di Orange Road comporta essere tempestate di complimenti aggressivi e portate con l’inganno o la forza in un luogo isolato. E il fatto che questa cosa sia considerata normale quanto andare a scuola e cambiarsi d’abito suona come una nota stonata e dà la misura di quanto la sensibilità comune sia, per fortuna, cambiata.
Kyosuke stesso non è immune da gesti di violenza. In varie occasioni in cui Madoka è inerme, addormentata o priva di sensi, fa fatica a controllare la sua smania di metterle le mani addosso. Quasi sempre, questo conflitto tra due personalità, tra il ragazzo rispettoso e l’animale accecato dagli ormoni, è introdotto con l’espediente dell’ipnosi, giustificato quindi con una condizione in cui il protagonista non è padrone di sé e risolto con una gag in cui non avviene nulla di grave, Madoka riprende i sensi e Kyosuke si becca un ceffone. Orange Road resta una commedia romantica, ma i quarant’anni trascorsi non la fanno più sembrare così innocua.
I personaggi femminili sono anche quelli che Matsumoto disegnò con più cura. Con uno stile che privilegiava l’immediatezza a qualsiasi virtuosismo, il mangaka dedicò spesso e volentieri a protagoniste e comprimarie ritratti a figura intera che mettevano in risalto le loro figure slanciate e delicate e le gambe scoperte da minigonne e pantaloncini. Se le gemelle Kasuga e Hikaru apparivano come ragazze della porta accanto, attraenti proprio per la loro naturalezza e innocenza, con Madoka il segno si fece più sfaccettato.
Da bellezza acqua e sapone, la ragazza diventò protagonista di immagini più squisitamente ecchi, con tanto di nudi rubati durante il bagno, primi piani del decolleté e inquadrature delle mutandine, fino ad arrivare alle copertine degli ultimi volumi, di una sensualità sfacciata ed esaltata dalla colorazione in digitale, di cui Mastumoto fu uno dei pionieri.
Usando nel disegno strumenti moderni come un computer Macintosh e Photoshop, e cavalcando nella costruzione dei personaggi e della storia le mode dell’epoca (anche il titolo contiene la parola orange perché all’epoca era molto popolare tra i ragazzi), Matsumoto riuscì effettivamente a creare un manga iconico che incarnava lo spirito degli anni Ottanta.
Per il ritmo ripetitivo, per una sensibilità non del tutto compatibile con quella odierna, il suo lavoro non è riuscito invece a conquistare le generazioni più giovani. Eppure a Orange Road va riconosciuto il merito di aver raccontato in modo ironico e commovente che cosa significasse in quegli anni essere adolescenti e innamorati. Forse la serie di Matsumoto non può ambire allo status di classico universale, ma per almeno una generazione rievoca, per citare il manga, non «una semplice stagione fuggevole, ma un’estate infinita». Insomma, un ricordo pieno di nostalgia e un pezzo di cuore.
Orange Road è pubblicato in Italia da J-Pop.
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